Il mondo delle parole

In un posto lontano, a qualche galassia dalla nostra, esiste il mondo delle parole. Qui vivono tutte le parole di tutte le lingue del mondo. Le parole che vogliono dire la stessa cosa abitano nello stesso quartiere ma anche quelle che appartengono alla stessa famiglia. A volte alcune parole abitano vicino perché si somigliano anche se hanno significati diversi, ad esempio amici e micio sono vicini di casa.
Il gruppo delle parole del viaggio e della conoscenza sono le parole che si spostano da un mondo all’altro. Il loro compito è quello di scoprire le parole nuove, quelle usate sempre e quelle che invece nessuno ricorda più.
Di ritorno dall’ultimo viaggio hanno portato brutte notizie: “La parola che si usa di più e in tutte le lingue del mondo in questo momento è ‘guerra’ così come anche ‘bombe’, ‘distruzione’, ‘nemico’. È un gran pasticcio. La parola ‘pace’ è detta tante volte da tante persone ma è come se non fosse sentita. Forse ha perso il suono a causa di qualche maleficio.”
Il mondo delle parole si rattristo’ molto tranne il gruppo delle parole della guerra che si sfregava le mani dalla soddisfazione. ” Finalmente! Era ora che giungesse il nostro momento. È l’ora della riscossa, vinceremo noi a suon di cannoni!”.
Le altre parole iniziarono a prendere le distanze, molte andavano nel gruppo delle parole della pace, alcune invece tentennavano. La parola “soldi” ad esempio diceva: “Dove mi conviene andare? Nel gruppo delle parole della pace o nel gruppo delle parole della guerra?”. Ci pensò un po’ e si precipitò nel gruppo delle parole della guerra.
Anche la parola “bandiera” aveva forti dubbi. “Dove è più giusto che andiamo noi bandiere di tutti i paesi?”. “Da noi” – diceva prontamente la parola guerra – “Tu sei lo stendardo di ogni paese che deve difendere i propri confini, tu segni limiti e proprietà”. La parola bandiera non ne era molto convinta:”Noi siamo tante perché abbiamo colori diversi e vuol dire che è giusto che ognuna esista nella propria diversità. Se così non fosse esisterebbe una bandiera sola e di un solo colore”. E così dicendo girò le spalle alla parola guerra e iniziò a sventolare così forte da sollevare la parola “pace” e a farle gridare il suo nome oltre il cielo fino a noi. Chi può sentirla?

Spegni orsù quei cannoni
che è tempo d’esser buoni.
No, non perché è già Natale
ma perché se fai del male
non potrai più sperare
che il sogno che più ti piace
possa avverarsi senza la Pace.

Lo sciopero dell’abbiccì

AbbiccìUn giorno che sembrava uguale agli altri, svelò una spiacevole sorpresa: tutte le lettere dell’alfabeto, dalla A alla Z, si rifiutavano di lavorare. Persino la Q che di solito non ha un gran da fare! Erano cioè entrate in sciopero.
Il signor Parolaio corse subito ad informarsi:
– Care lettere cosa succede? Perché questo sciopero?
L’arrabbiatissima A rispose:
– Siamo stanche di essere sempre sulla bocca di tutti, di tutti i maleducati, gli arroganti e gli sciocchi. Tanti, troppi, ci usano solo per dire brutte parole, bugie e insulti. Basta, non ne possiamo più!
– E allora noi, sapete cosa facciamo? – disse la P – Se non imparate ad usarci correttamente lo sciopero non lo finiremo mai. E dico mai!
Il Parolaio era sbalordito. Cosa fare? Non poteva di certo sconvolgere il dizionario dall’oggi al domani, il mondo si sarebbe trovato sottosopra!

Convocò allora una riunione per cercare una soluzione insieme agli uomini, alle donne, ai bambini e alle bambine, cioè a tutti coloro che usano le parole. Ma questi non si mostrarono affatto comprensivi anzi iniziarono a borbottare e a lamentarsi: ‘Ma è assurdo’ – dicevano – ‘non si possono di certo tirare indietro’ – ‘perchè no?’ – diceva qualcuno – ‘Beh i padroni siamo noi!’ – rispondeva qualcun altro.
Le lettere allora si arrabbiarono super super tantissimo e decisero di andar via. Non sarebbero state più al servizio degli uomini.
Per giorni e giorni la città rimase nel più totale silenzio. Nessuno poteva parlare o scrivere e allora si facevano gesti o disegnini. Alcuni molto ridicoli!
Il Parolaio, che aveva allora qualche riserva in cassaforte, mise in tasca le poche lettere e andò di corsa a scuola. L’unica classe rimasta a far lezione a gesti era la terza. Non sappiamo se la sezione era la A, la B o la C, perchè la lettera era caduta anche qui. Gli alunni erano però tutti lì, seduti ai loro posti mentre la maestra mimava la tabellina del nove.
Il Parolaio aprì la porta e disse: – Bambini, ho bisogno del vostro aiuto!
E siccome i bambini non potevano rispondere o dire ‘E come?’, il Parolaio continuò:
– Dobbiamo convincere le lettere dell’alfabeto che per noi sono molto importanti e che abbiamo tutte le buone intenzioni per usarle correttamente. Io posso parlare perchè ho delle riserve di lettere. E così voi.
I bambini si guardavano come per dire “Io no, non ne ho” ma il Parolaio disse che la loro riserva era a casa, nelle letterine di natale, della festa del papà e della mamma, negli auguri di buon compleanno e nei biglietti attaccati alla lavagna in cucina.
Corsero allora tutti a casa a prendere le loro riserve e tornati in classe poterono parlare.

Il Parolaio però li fermò subito: “Non sprecatele, usate invece le vostre riserve di lettere per convincere l’alfabeto”.
E così, i bravi alunni di terza si misero in cerchio e iniziarono a lavorare. Venne fuori una bella filastrocca che recitava così:

Dalla domenica al lunedì,albero musicale
mai mi stanco dell’abbiccì.
Son come note, pietre preziose,
Do Re Mi Fa Sol La Si.
Parlo leggo scrivo e canto,
“ti voglio bene”,“scusami tanto”.
Quante parole posso formare!
Frasi e discorsi per raccontare.
Per saper sempre cosa dire
con il sorriso e senza mai ferire.

Lunghe, corte non fa differenza, quello che so è che non posso stare senza.

Non appena le lettere ascoltarono questa bella filastrocca, iniziarono a saltare di gioia per la felicità. Annunciarono la fine dello sciopero e lanciarono in aria fili di lettere argentati che scesero sulle case e sulle città. Erano le buone e belle parole che ognuno avrebbe trovato sotto il cuscino al risveglio.

Se ben sai parlare
non ti devi preoccupare
e in tutta libertà ci puoi usare.
Ma se vuoi solo dire insulto o parolaccia
noi scioperiam,
facendoti fare una gran figuraccia!

E così fu. Ancora oggi, se ti capita di sentire parlare a vanvera, sono loro, le lettere dell’alfabeto, a manifestare in sciopero.

Fine