Lo sciopero dell’abbiccì

AbbiccìUn giorno che sembrava uguale agli altri, svelò una spiacevole sorpresa: tutte le lettere dell’alfabeto, dalla A alla Z, si rifiutavano di lavorare. Persino la Q che di solito non ha un gran da fare! Erano cioè entrate in sciopero.
Il signor Parolaio corse subito ad informarsi:
– Care lettere cosa succede? Perché questo sciopero?
L’arrabbiatissima A rispose:
– Siamo stanche di essere sempre sulla bocca di tutti, di tutti i maleducati, gli arroganti e gli sciocchi. Tanti, troppi, ci usano solo per dire brutte parole, bugie e insulti. Basta, non ne possiamo più!
– E allora noi, sapete cosa facciamo? – disse la P – Se non imparate ad usarci correttamente lo sciopero non lo finiremo mai. E dico mai!
Il Parolaio era sbalordito. Cosa fare? Non poteva di certo sconvolgere il dizionario dall’oggi al domani, il mondo si sarebbe trovato sottosopra!

Convocò allora una riunione per cercare una soluzione insieme agli uomini, alle donne, ai bambini e alle bambine, cioè a tutti coloro che usano le parole. Ma questi non si mostrarono affatto comprensivi anzi iniziarono a borbottare e a lamentarsi: ‘Ma è assurdo’ – dicevano – ‘non si possono di certo tirare indietro’ – ‘perchè no?’ – diceva qualcuno – ‘Beh i padroni siamo noi!’ – rispondeva qualcun altro.
Le lettere allora si arrabbiarono super super tantissimo e decisero di andar via. Non sarebbero state più al servizio degli uomini.
Per giorni e giorni la città rimase nel più totale silenzio. Nessuno poteva parlare o scrivere e allora si facevano gesti o disegnini. Alcuni molto ridicoli!
Il Parolaio, che aveva allora qualche riserva in cassaforte, mise in tasca le poche lettere e andò di corsa a scuola. L’unica classe rimasta a far lezione a gesti era la terza. Non sappiamo se la sezione era la A, la B o la C, perchè la lettera era caduta anche qui. Gli alunni erano però tutti lì, seduti ai loro posti mentre la maestra mimava la tabellina del nove.
Il Parolaio aprì la porta e disse: – Bambini, ho bisogno del vostro aiuto!
E siccome i bambini non potevano rispondere o dire ‘E come?’, il Parolaio continuò:
– Dobbiamo convincere le lettere dell’alfabeto che per noi sono molto importanti e che abbiamo tutte le buone intenzioni per usarle correttamente. Io posso parlare perchè ho delle riserve di lettere. E così voi.
I bambini si guardavano come per dire “Io no, non ne ho” ma il Parolaio disse che la loro riserva era a casa, nelle letterine di natale, della festa del papà e della mamma, negli auguri di buon compleanno e nei biglietti attaccati alla lavagna in cucina.
Corsero allora tutti a casa a prendere le loro riserve e tornati in classe poterono parlare.

Il Parolaio però li fermò subito: “Non sprecatele, usate invece le vostre riserve di lettere per convincere l’alfabeto”.
E così, i bravi alunni di terza si misero in cerchio e iniziarono a lavorare. Venne fuori una bella filastrocca che recitava così:

Dalla domenica al lunedì,albero musicale
mai mi stanco dell’abbiccì.
Son come note, pietre preziose,
Do Re Mi Fa Sol La Si.
Parlo leggo scrivo e canto,
“ti voglio bene”,“scusami tanto”.
Quante parole posso formare!
Frasi e discorsi per raccontare.
Per saper sempre cosa dire
con il sorriso e senza mai ferire.

Lunghe, corte non fa differenza, quello che so è che non posso stare senza.

Non appena le lettere ascoltarono questa bella filastrocca, iniziarono a saltare di gioia per la felicità. Annunciarono la fine dello sciopero e lanciarono in aria fili di lettere argentati che scesero sulle case e sulle città. Erano le buone e belle parole che ognuno avrebbe trovato sotto il cuscino al risveglio.

Se ben sai parlare
non ti devi preoccupare
e in tutta libertà ci puoi usare.
Ma se vuoi solo dire insulto o parolaccia
noi scioperiam,
facendoti fare una gran figuraccia!

E così fu. Ancora oggi, se ti capita di sentire parlare a vanvera, sono loro, le lettere dell’alfabeto, a manifestare in sciopero.

Fine